Il 31 ottobre 2003 è stata una lunga
giornata per tutti noi che abbiamo assistito per ben dieci
ore ai lavori del Consiglio Municipale riunitosi per deliberare
sullo schema di osservazioni al Nuovo Piano Regolatore della
Città di Roma. Una lunga giornata densa di emozioni,
di tensioni, di rabbia, di disprezzo.
Emozioni perché in quell’aula
si stava dibattendo di noi, del nostro possibile futuro, si
stava tracciando la via che può portare in paradiso
o all’inferno, a seconda la direzione che si intende
scegliere. Tensioni perché ci si è resi subito
conto che il clima non era dei migliori e che le persone sedute
sugli scranni, dove la gente con il proprio voto li ha fatti
sedere, erano tutt’altro che attente alla nostra Comunità
massicciamente presente. Rabbia perché le parole proferite
nei singoli interventi non corrispondevano affatto a quelle
pronunciate nei lunghi percorsi fatti insieme. Disprezzo perché
non si può che avere disprezzo per una politica sciatta
e cialtrona fatta da uomini e donne che non rispondono a loro
stessi ed alle loro coscienze, ma solo alle logiche di partito
ed agli ordini che arrivano dall’alto.
E come se nulla fosse, come se le famiglie
presenti in aula contassero meno che niente, come se la storia
di sacrifici e sofferenze non fosse quantomeno da rispettare,
si cambia idea, si cambia faccia, si rinnega la parola data
senza neanche sentire il bisogno di chiamare e dire abbiamo
sbagliato, questo non lo possiamo fare, dobbiamo necessariamente
andare in quest’altra direzione. Nulla. Nulla di tutto
questo. Nulla che ci possa far dire oggi che abbiamo a che
fare con dei galantuomini. La politica, nobile arte di governare
la città, affidata malauguratamente a chi ti cambia
le carte in tavola, da un giorno all’altro, senza un
minimo disagio morale, scavando fosse davanti alle aspettative
della gente, di gente che ha una storia che va rispettata,
di famiglie che cercano solo di raggiungere un diritto che
non si può più negare dopo trentadue anni di
sofferenze. E questo anche se una legge dello Stato prima
ed un Decreto Ministeriale poi sanciscono assolutezze: è
pieno il rispetto della legalità, ma è anche
piena la convinzione che il tempo in questo caso matura diritti
sacrosanti che la politica, quella vera, quella seria, quella
della ricerca dei mezzi più adatti a dirigere le azioni
dei singoli nell’ambito della società civile
per trovare le soluzioni possibili, deve salvaguardare.
Abbiamo perso una battaglia. E’ stato
uno schiaffo forte, violento, che lascia l’amaro in
bocca ed il segno della dita sulla guancia. Ma abbiamo perso
solo una battaglia. Dobbiamo affrontarne tante altre, a livelli
diversi, sempre più complesse e con più variabili.
Tante altre battaglie per vincere o perdere definitivamente
la guerra. Questo era il passaggio in cui il Municipio aveva
la possibilità di rafforzare le osservazioni del Consorzio,
per dare un segnale politico di vicinanza alla gente, dicendo
la stessa cosa, ipotizzando le stesse soluzioni, così
come peraltro era stato concordato non più di dieci
giorni fa. Non un passaggio risolutivo, quindi, ma propedeutico
alle valutazioni che dovrà fare il Comune di Roma prima
ed in ultima istanza, con l’autorevolezza che le compete,
la Regione Lazio. Ora, come tutti voi, sono ancora frastornato
da quelle voci che dicono si ad una osservazione che recita
“Eliminazione del Perimetro derivante dalla deliberazione
del C.C. n.92/97, controdedotte con deliberazione del C.C.
n.176/2000 dell’area sottoposta a vincolo assoluto di
inedificabilità, perimetrata nella scheda allegata
con colore rosso e tratteggiata, con trasformazione dell’ambito
in Parco agricolo-archeologico comunale”, ovvero eliminazione
di tutta la parte del Quartiere presente nell’invaso
del cratere vulcanico. E poi ancora si ad un emendamento sull’osservazione
che “identificava quale area a trasformazione ordinaria
destinata ad accogliere edificazioni del comparto di Valle
Castiglione sottoposto a vincolo assoluto di inedificabilità”
quella a ridosso di Castelverde, andando ad ipotizzare di
spostare invece le famiglie in una 167 ossia nelle case popolari.
Follia! 35 famiglie deportate nelle case popolari!
Follia pura di chi sembra non rendersi
conto che Valle Castiglione non è un gruppo di case
sparse; Valle Castiglione non rappresenta una cenerentola
indifesa da poter gestire come carne da macello. Valle Castiglione
è unica ed indivisibile, una Comunità forte,
viva, attiva, intelligente, che ha dimostrato in poco più
di due anni di poter essere riferimento culturale per tutta
questa porzione di periferia. Adesso loro credono di averci
affossato, di poter dare sfogo ai loro progetti affaristici
ed alle loro bramosie di potere: ma hanno vinto solo una battaglia.
Da oggi inizia un'altra fase, una fase in cui necessariamente
alzeremo il tiro, ci equipaggeremo di armamenti più
potenti, useremo tattiche di difesa e di attacco più
scientifiche. Da oggi Valle Castiglione è nuovamente
in battaglia. La condurremo tutti insieme, forti della forza
della coesione, dello stare insieme, di stringerci intorno
ai nostri progetti, di lavorare per costruire La Casa del
Villaggio. E lo faremo ancora nel rispetto delle regole del
gioco, perché noi siamo dei Signori. Questo li spaventa,
e questo noi dobbiamo continuare a perseguire con tutte le
energie che abbiamo a disposizione. Tutti insieme, ancora
più di prima, senza risparmiare fiato. La nostra salita
verso l’obiettivo si è fatta ancora più
ripida. La spinta che tutti insieme dobbiamo dare alle nostre
soluzioni deve necessariamente essere più forte.
Io sarò sempre lì, davanti
a voi, a combattere questa battaglia, convinto che alla fine
la sacralità della nostra Comunità avrà
la meglio rispetto agli interessi di bottega di quattro politicanti
da strapazzo. E se proprio alla fine di questo percorso, dopo
aver interloquito con tutti i livelli istituzionali, non dovessimo
ancora malauguratamente avere risposte certe alle nostre aspettative,
sarò io il primo a suonare la carica per dimostrare
tutta la nostra rabbia. Ma questo, ne sono certo, non sarà
necessario, perché voglio avere fiducia che lungo il
percorso incontreremo interlocutori per i quali una stretta
di mano vale ancora più di una firma. E allora, mai
come ora, tutti per uno ed uno per tutti.
Il Vostro Presidente
Enrico dr. ARAGONA |